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Accadde in Versilia

Accadde in Versilia

A cavallo tra 800 e 900, la Versilia calamitava il beau monde europeo. E gli artisti di questo “piccolo mondo antico” respiravano lo stesso clima d’Oltralpe

“Accadde in Versilia”, la mostra prodotta dalla Società di Belle Arti con il Comune di Forte dei Marmi e Fondazione Villa Bertelli, propone, al Forte Leopoldo I dal 17 giugno al 5 novembre, la lettura in punta di pennello di quel magico momento che la Versilia visse a cavallo tra ‘800 e ‘900. Quando il paesaggio armonioso, il clima e le acque calamitarono qui il beau monde europeo.
Personalità attratte dai bagni, certo, ma anche dall’ambiente culturale creato da chi “in stagione” qui si dava appuntamento, improvvisando cenacoli artistici, letterari e musicali. Villeggianti insieme a marinai, contadini, cavatori: mondi diversissimi, spesso solo tangenti. Affascinanti, non meno del paesaggio, agli occhi degli artisti italiani e stranieri che si fecero stregare dalla Versilia: da Puccinelli a Fontanesi, Signorini, Cabianca, Viner, Lear, Vedder, Skovgaard, Poingdestre, tra i molti.

Tre protagonisti: Viani, Lomellini, Levy

Lorenzo Viani, Sul molo. In attesa del rientro delle barche, 1915

“Accadde in Versilia” focalizza la sua indagine su tre grandi protagonisti di quel momento magico: Plinio Nomellini, Lorenzo Viani e Moses Levy. Proponendo una raffinata selezione di loro capolavori, alcuni non più visti da tempo.
Plinio Nomellini agli inizi degli anni Novanta orienta il proprio linguaggio verso nuove sperimentazioni, sia divisioniste, grazie alla frequentazione di Pellizza da Volpedo, sia neo impressioniste, importate da Parigi. Il suo incontro del 1903 con Giovanni Pascoli aggiunge una svolta simbolista alla sua pittura.

Plinio Nomellini, Le ore quiete, 1898

Le ridenti e pacate immagini della Versilia offerte da Nomellini e, successivamente, da Moses Levy sono bruscamente deviate dal potente e magmatico espressionismo di Lorenzo Viani che mette a punto l’alfabeto più adatto a descrivere, tutt’uno, il volto più scuro di quella terra e il popolo di diseredati che la abita.

Levy, tra metafisica e futurismo

La terza sezione è dedicata a uno dei massimi protagonisti della stagione artistica versiliese dei primi tre decenni del ‘900, Moses Levy. Tunisino di nascita, elesse questa terra a sua patria, divenendo uno dei più ammirati e suadenti cantori di quella che potrebbe definirsi come una tarda “belle époque” versiliese.

Moses Levy
Moses Levy, Maschere (Pierrot), 1919

La mostra, dunque, offre al visitatore un nutrito nucleo di opere, sorprendenti per originalità compositiva e forza evocativa, assimilabili a testimonianze poetiche di luoghi geografici e dell’anima che, alle soglie del Novecento, documentano il coraggioso aggiornamento di “questo piccolo mondo antico” con le nuove correnti che stanno spirando Oltralpe.

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