Ha rivoluzionato tecniche produttive, forme e cromie. A Oderzo i capolavori di Carlo Scarpa dialogano con pezzi antichi e vetri d’artista
Oderzo (Treviso). Vetro vero. Carlo Scarpa a Palazzo Foscolo a Oderzo (Tv) – PROROGATA FINO AL 30 GIUGNO 2024 – è un focus espositivo di grande raffinatezza sull’incontro così particolare tra Carlo Scarpa e una materia sostenibile per eccellenza come il vetro – plasmabile e riutilizzabile all’infinito – voluto dalla Fondazione Oderzo Cultura, in collaborazione con il Comune di Oderzo e il sostegno della Regione del Veneto. Immagine d’apertura: Tre portacandele di diversa policromia e tessuto vitreo (sommersi a bollicine e corrosi), 1936 circa, firma all’acido “Venini MuranoArs”.
I vasi di Scarpa in dialogo con pezzi antichi e contemporanei
Circa 30 opere iconiche da tempo non visibili al pubblico, provenienti dal Museo delle Rarità del Castello di Monselice e rappresentative delle differenti tecniche e lavorazioni progettate da Scarpa, saranno poste a Oderzo in un dialogo ideale con i preziosi esempi di vetri antichi custoditi al Museo Archeologico “Eno Bellis” e con le creazioni moderne dalla Collezione Attilia Zava – Museo del vetro d’artista esposte al secondo piano di Palazzo Foscolo connesse a grandi personalità internazionali dell’arte del Novecento come Pablo Picasso, Max Ernst e Jean Arp.
Creativo e sperimentatore
Vetro Vero gioca sul doppio significato della parola in veneziano e in italiano: un materiale antico ma modernissimo, una sfida per creativi e designer come il geniale architetto-designer, ambientalista ante litteram (…“tra un albero e una casa – diceva Scarpa – scegli l’albero”), che riuscì a trasformare la secolare tradizione del vetro aprendola alle tendenze artistiche più attuali.
Carlo Scarpa (Venezia 1906 1978 Sendai-Giappone) – celebre per le sue creazioni architettoniche, i restauri, gli allestimenti magistrali ma anche straordinario designer – ebbe un rapporto incredibile e innovativo con il mondo del vetro e i maestri muranesi. In continua sperimentazione, rinnovò antiche tecniche di lavorazione creando, insieme ai vetrai muranesi, lavorazioni completamente nuove e spesso rivoluzionarie.
Alla Cappellin e alla Venini
La vicenda del progettista nell’universo del vetro s’interseca in particolare con due importanti fornaci di cui Carlo Scarpa fu direttore creativo, la MVM (Maestri Vetrai Muranesi) Cappellin & C. (di Giacomo Cappellin), e la VSM (Vetri Soffiati Muranesi) Venini & C. (di Paolo Venini). Un interessante approfondimento: Le Stanze del Vetro.
La mostra ideata e supervisionata da Renzo di Renzo e Carlo Sala testimonia il percorso compiuto fin dalle prime creazioni che Scarpa ebbe modo di progettare presso la Cappellin a partire dal 1926, anno in cui iniziò pure la sua attività didattica come professore di disegno presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, e fino al 1940.
Forme essenziali
Alla Cappellin Scarpa ideò in particolare una serie di soffiati dalle forme geometriche essenziali – molti dei quali caratterizzati da un piede tronco-conico come il vaso bellissimo in mostra – dai colori tenui e preziosi, connettendo la produzione vetraria alle tendenze artistiche del tempo dominate dal gruppo Novecento.
A partire dal 1932 l’architetto veneziano inizierà la collaborazione con la Venini – che durerà fino al 1947 – ove nasceranno alcuni vetri entrati nella storia del Novecento. In quegli anni le sue creazioni alternano superfici trasparenti o opache, lisce o volutamente irregolari, con una ampia gamma cromatica dimostrando una continua tensione verso l’innovazione.
Tecniche rivoluzionarie
Nella mostra di Oderzo spiccano varie serie prodotte per la Venini che furono al centro di grandi esposizioni come la Biennale di Venezia del 1934 e 1936 e la Triennale del 1936 in cui vennero presentati, tra gli altri, i cicli “mezza filigrana”, le “murrine romane”, “i lattimi”, i vetri “a bollicine”, caratterizzati dall’innumerevole quantità di piccole bolle d’aria incluse nel tessuto vitreo, e i “sommersi” nelle tante varianti proposte, come quelle qui esposte con inclusione di foglia d’oro.
Carlo Scarpa è stato un vero innovatore a livello tecnico ed estetico, come si vede per esempio in una delle serie più tarde che troviamo in mostra, i “corrosi” dalla tipica superficie irregolare aggredita dall’acido fluoridrico imbevuto nella segatura.
Innovazioni “multiple”
Il 1940 è un anno di grande importanza per Carlo Scarpa perché la Biennale di Venezia dedica una intera sala alle sue creazioni realizzate per la Venini che ricevono un ennesimo importante riconoscimento di critica e pubblico. Una produzione eccezionale, in anticipo sui tempi. Di quest’anno in mostra sono esposti i cosiddetti “tessuti”, vasi a sottili canne vitree policrome, un incredibile vaso in vetro bicolore verde e amaranto a incalmo, che unisce tecniche diverse, con la parte superiore regolarmente battuta ad esagono e la parte inferiore rifinita a mola; e ancora un vaso a battiture orizzontali, ma soprattutto alcune pregiate opere a tessere in pasta vitrea nera, rossa e bianca rifinite a mola.
Artista-alchimista
Tra queste “murrine opache” – in cui le tessere vitree sono perfettamente lisce per l’intervento della mola – straordinario apparve nella Biennale del ‘40 il piatto a murrine nere (in mostra una recente riedizione) su cui spiccava un serpente avvolto a spirale disegnato da tessere bianche e rosse.
Carlo Scarpa “artista-alchimista”, capace di sfruttare le infinite possibilità dei componenti, della luce, delle variazioni di temperatura, delle tecniche di lavorazione, soprattutto di una materia che dall’antichità ad oggi sa trasformarsi all’infinito, forgiata dalla creatività e dalla maestria degli uomini.
Quotazione alle stelle per le sue creazioni
I vetri creati da Carlo Scarpa continuano ad essere ricercatissimi in tutto il mondo da mercanti e case d’asta. Di recente, ha fatto scalpore la vendita negli Stati Uniti di un vaso, il cosiddetto vaso “Pennellate” o modello 3664, messo all’asta il 13 dicembre scorso alla Wright Auction House di Richmond, in Virginia. Trovato tra le cianfrusaglie di un negozietto dell’usato e acquistato per pochi dollari, è stato poi aggiudicato alla cifra di 107.100 dollari.
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